Dopo una colazione da vere signore partiamo alla scoperta di altri due siti archeologici della penisola dello Yucatan, il sito di Uxmal e il sito di Coba. In realtà, non li abbiamo visti lo stesso giorno, ma per semplicità ve ne parlo insieme. Entrambi mi sono piaciuti moltissimo: li ho trovati meno turistici dei precedenti visitati e, complice una giornata con delle nuvole meravigliose e un sole caldo caldo (era ottobre ma in Messico è estate piena), conservo un indimenticabile ricordo di queste due visite.
Terza città dello Yucatán per grandezza, Valladolid è spesso soprannominata Sultana d’Oriente. E’ una località tranquilla, piena di vita, colorata. Gli edifici sono bassi e dipinti con tonalità pastello, per le strade è frequente trovare le donne che indossano il tipico abito alla yucatena e gli anziani che chiacchierano su una panchina all’ombra. Il tempo sembra essersi fermato all’epoca coloniale, la vita scorre lenta, tra un negozio di souvenir colmo di turisti e i bambini che giocano a rincorrere uccelli.
Chiesa di San Gervasio, ValladolidParco di fronte alla Chiesa San GervasioTipiche case dipinte con colori pastello, ValladolidValladolidValladolidDonna con il tipico abito alla Yucatena, Valladolid
Nei pressi di Valladolid, come in tutta la penisola dello Yucatán, sono presenti numerosi cenotes. La parola cenote arriva direttamente dalla lingua dei Maya: dzonot, cioè “acqua sacra”. Queste meraviglie naturali sono delle cavità a forma di imbuto, conche che si sono formate in seguito al crollo del tetto calcareo. Trovandoseli di fronte, non è difficile capire per quale motivo il popolo dei Maya li considerasse sacri: l’acqua ha un colore ceruleo e l’impressione è che siano senza fondo – pensate che profondità! – I raggi solari si infilano in queste cavità buie, fin dove è possibile, creando dei giochi di luce e ombre strabilianti ma a tratti anche inquietanti. I Maya li utilizzavano per i loro rituali sacri e li consideravano porte d’ingresso per il mondo sotterraneo, motivo per il quale è facile trovare, vicino a essi, edifici adibiti al culto degli dei e alla purificazione. I cenotes erano anche fondamentali per l’approvvigionamento dell’acqua, a maggior ragione in un territorio pressoché privo di risorse idriche superficiali. Il cenote che abbiamo visitato e in cui abbiamo sguazzato a Valladolid è il Cenote Zací, che in lingua Maya significa “falco bianco” ed era il nome della città sulla quale venne successivamente fondata Valladolid. E’ uno dei cenote a cielo aperto più grande della penisola. Numerosi cenotes, infatti, sono sotterranei o si trovano all’interno di grotte, raggiungibili solo a nuoto o tramite piccole imbarcazioni. E tantissimi aspettano ancora di essere esplorati!
In realtà il Cenote Zací è solo parzialmente a cielo aperto. E’ inserito in una grotta suggestiva e il soffitto, abitazione ambita da numerosi pipistrelli che conviene non disturbare, è ricco di stalattiti che scendono verso il basso. Ma quello che sorprende maggiormente appena arrivati è sicuramente la vegetazione, invadente e invasiva, cresce dal fondo delle acque e scende dai lati, riempendo il cenote, colmo di acqua piovana, di detriti, foglie, rami, sterpaglie, radici. Ma non solo: gli alberi più grandi formano un intreccio di arbusti e rami che, scendendo verso la superficie dell’acqua, creano un sistema di liane, usate dai più coraggiosi per tuffarsi !
Immergersi e sguazzare in un cenote è un’esperienza incredibile e unica, da non perdere se vi trovate nella penisola Yucatena. Ma non è un’esperienza esente da rischi e pericoli (non vi dico che strizza avevo!), soprattutto sapendo che può essere profondo decine e decine di metri e non essendo totalmente sicuri di quello che troverete sotto o quello in cui si imbatteranno le vostre gambe !
Lo Yucatán è uno dei 31 Stati del Messico, famoso per il grande sito archeologico di Chichen-Itza e non solo e che fu nominato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità e inserito tra le Nuove sette meraviglie del mondo. Il nostro tour della Riviera Maya è stata con una guida messicana, che ci ha scarrozzate su e giù per i siti archeologici, ci ha aspettate mentre facevamo milioni di fotografie e ci arrampicavamo – dove possibile – sulle piramidi, ha risposto alle nostre continue domande e ci ha raccontato un sacco di cose. Non deve essere stato semplice sopportarci.
Una volta atterrate a Cancun, il tour Maya è iniziato il giorno dopo, tempo di smaltire il fuso orario e le 12 ore di volo. Siamo andate al sito archeologico Ek Balam, che in linguaggio maya significa giaguaro nero. In realtà fino a pochi decenni fa si sapeva ben poco di questo sito. Numerose ricerche hanno portato alla luce questa incredibile città maya, ben conservata e con numerose decorazioni e statue di pietra che probabilmente rappresentavano le divinità e i governatori dell’epoca. Scalando e arrampicandomi su una di queste costruzioni, che sconsiglio vivamente a chi soffre di vertigini, arrivata in cima, lo spettacolo che si è presentato davanti ai nostri occhi era di una bellezza incredibile: all’orizzonte solo foresta tropicale e rovine maya.
Dopo la mia laurea ho deciso di concedermi un viaggio con la V maiuscola. Con tutti i soldi guadagnati da ripetizioni e risparmiati negli anni ho deciso di partire con la mia amica Francesca alla volta del Messico.
Perché il Messico? Perché avevamo voglia di una meta in cui ci fosse un mare incantevole ma anche la possibilità di visitare e fare esperienze lontane dall’ordinario. Così è stato. Siete pronti per un viaggio intercontinentale? Continua a leggere “Il nostro viaggio tra Messico e Nuvole”→