Centinaia di foto, centinaia di finestre sul mondo per raccontare, con le immagini, cosa è successo nel pianeta e al pianeta nell’arco di un anno: torna la mostra internazionale di fotogiornalismo più importante e apprezzata del mondo, World Press Photo. Arrivata alla sua sessantatreesima edizione itinerante e per il quarto anno consecutivo a Torino, anche quest’anno la World Press Photo tocca temi ambientali, sociologici, culturali, avvenimenti che hanno segnato non solo l’anno in corso, ma probabilmente anche tutti i successivi. Cambiamenti e vicende che toccano tutti. Immergersi tra le fotografie premiate significa porsi di fronte alle grandi questioni del mondo, riflettere, pensare, portare a casa con sé nuove consapevolezze o, come capita il più delle volte, nuove domande.
World Press Photo, la sua storia
Nata ad Amsterdam nel 1955, la Fondazione World Press Photo è da sempre impegnata nel tutelare la libertà di informazione ed espressione, attraverso il fotogiornalismo e il concorso di fotoreportage più autorevole al mondo. Ogni anno partecipano al concorso migliaia di fotoreporter, provenienti dalle maggiori testate editoriali mondiali come National Geographic, El Paìs, The New York Times, Le Monde, BBC. Nel 2020 la mostra è arrivata alla 63esima edizione e per la quarta volta consecutivo è a Torino, in una location completamente nuova, Palazzo Madama.

World Press Photo, l’esposizione e qualche scatto
Ogni anno sono migliaia i fotoreporter delle maggiori testate giornalistiche che partecipano al World Press Photo con i loro scatti internazionali. Nel 2020 sono arrivati i lavori di 4282 fotoreporter, provenienti da oltre 125 Paesi, per un totale di quasi 74.000 immagini. In finale sono arrivati 44 fotografi provenienti da 24 Paesi diversi. È così che la mostra World Press Photo del 2020 conta in tutto oltre 150 immagini, realizzate nell’arco del 2019. Tra i finalisti anche sei italiani, tra cui il torinese Fabio Bucciarelli, scrittore e fotoreporter, conosciuto per il suo grande lavoro documentaristico sui conflitti nazionali e internazionali e sulle crisi umanitarie.

Gli scatti sono unici e ruotano intorno a tematiche diverse, le foto sono raccolte in Paesi, ambienti, situazioni completamente differenti.
Lorenzo Tugnoli, ad esempio, si è aggiudicato il primo premio Storie con il suo scatto per il The Washington Post. Nel 2019 i Talebani hanno guadagnato terreno e aumentato il loro potere in Afghanistan. C’è stata una trattativa con il Presidente degli Stati Uniti, durante la quale le lotte e i conflitti con le forze militai locali si sono aggravate, provocando numerose vittime e feriti nella popolazione locale.

Vince il secondo premio per Soggetti Singoli Noah Berger per Associated Press in una foto panoramica che rappresenta i vigili del fuoco che lavorano senza sosta in California, durante alcuni degli incendi più devastanti del Paese. L’incendio si è innescato vicino a Marsh Creek Road il 3 agosto, continuando a bruciare imperterrito fino al 7 agosto. Solitamente questa area viene costellata da una serie di incendi nella stagione autunnale; i climatologi hanno attribuito i primi incendi alla crisi climatica, perché la vegetazione è più secca a causa dell’innalzamento delle temperature.

Vince il secondo premio Storie per l’Espresso Fabio Bucciarelli che racconta la rivolta in Cile contro l’ineguaglianza economica. I manifestanti chiedevano una riforma economica completa, riforme dedicate all’istruzione e al sistema sanitario. Le manifestazioni sono cresciute sempre più intensamente e sempre più violentemente sono state represse.

Un gruppo di donne manifestano in prima linea con il rossetto e la sciarpa rossa, come simbolo degli abusi sessuali attuati dalla polizia nei confronti delle persone in stato di fermo. Sono anche bendate, in segno di solidarietà per le persone accecate dalla polizia durante la repressione delle rivolte.