Novembre. Le giornate che si accorciano, il foliage che si fa prepotente, le giornate di sole ancora caldo e le serate di nebbia prepotente che ovatta tutto. L’autunno è finalmente arrivato e con lui i suoi incredibili colori, che riescono ogni anno a stupirmi ancora, nonostante tutto.
Sono legata all’autunno e ai suoi ritmi più lenti, ai viaggi che mi hanno portato in tanti punti diversi del globo e che mi hanno incantato, alla magia che si inizia a respirare in attesa del Natale. Quest’anno tutto è reso ancora più speciale da piccoli grandi sogni che sono in procinto di realizzare e che mi fanno sentire incredibilmente grata, ancora una volta, per questa vita pazzerella.



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Novembre e le narrazioni che non ci rappresentano
La narrazione è una pratica sociale ed educativa che da sempre si propone di rispondere ad alcune fondamentali funzioni: prima tra tutte, quella di creare già un’esperienza del mondo, attraverso la condivisione di esperienze ritenute universali, perché, molto semplicemente, se conosciamo qualcosa anche solo attraverso una narrazione ci orientiamo meglio nel mondo.
Ma. C’è un ma. Che per me è bello grande.
Quante volte mi sono sentita rappresentata dalle narrazioni degli altri? Davvero raramente.
Il primo amore, il rapporto con i genitori, quello con i nonni, quello con il passato, il futuro, il lavoro, sembra che per tutti vadano più o meno nello stesso modo. E se da una parte forse aspiriamo anche noi a essere come tutti, almeno per una fetta di vita, dall’altra ci appiattiamo sempre di più, spesso rendendo le nostre esperienze di vita solo una copia della copia della copia di quella delle altre.
Forse allora sarebbe più semplice, onesto e giusto iniziare a narrare qualcosa a qualcuno che non lo conosce già ma non solo, tenendo presente che per noi è stato così, che noi abbiamo vissuto in quel modo, che noi abbiamo deciso così o colì perché lo ritenevamo giusto. Giusto, solo e soltanto per noi. Non in modo universale. Sarebbe più corretto non tramandare narrazioni che abbiamo sentito e risentito solo da tramandare ma metterci più in ascolto di noi e di quello che vogliamo vivere di quella esperienza.
Quanto, frasi come “i nipoti sono pezzi di cuore”, “sono pur sempre i tuoi genitori”, “la maternità è la cosa più bella che possa capitare a una donna”, “gli uomini sono tutti uguali”, “i bambini non sono cattivi”, “non c’è niente di meglio del posto indeterminato” hanno fatto e continuano a fare, del male? Esistono nonni terribili, genitori assassini, uomini stupendi e bambini malvagi. Da sempre. Anche se ci pesa dirlo e dircelo.
Il passato, che se è tale, un motivo ci sarà
Mi sono sempre chiesta perché le persone che ho accanto e che hanno vissuto un pezzetto piuttosto grande di vita insieme a me siano più ossessionate dal mio passato, che io stessa.
Proprio in questi ultimi giorni del mese, mentre scrivo, ho ricevuto un messaggio da quella che ritengo una delle mie più care amiche, che mi diceva, semplicemente, di averne vista un’altra. Che però, della mia vita attuale non fa più parte.
E non è la prima volta che mi capita, che qualcuno (per sinc-curio-morbo-sità?) mi racconta di aver visto qualcuno del mio passato, di averne saputo qualcosa (e oggi, con tutti che dicono tutto sui propri social sarebbe abbastanza semplice anche per me attingere ad alcune informazioni sesolomiinteressasse). E mi chiedo, perché? Se qualcuno fa parte del nostro passato, forse forse un motivo ci sarà. Se poi sono stata proprio io a decidere di infilare quella persona nel passato, forse forse non mi interessa che fa/dove lavora/se si è sposata?
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Mangiare ( e fare spesa) da Eataly
Era da tantissimo tempo che non andavo a mangiare da Eataly e con la scusa di qualche commissione nei paraggi, ne abbiamo approfittato in un lento sabato a pranzo, facendo anche un po’ di spesa.
Abbiamo ritrovato quella qualità e quella cura per le materie prime che già avevamo apprezzato varie volte e ci siamo lasciati coinvolgere anche da qualche acquisto di panettone in vista del Natale.




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Serie TV
Io odio il Natale
Se state cercando una serie tv a tema natale ma non stucchevole, leggera e davvero divertente, vi consiglio Io odio il Natale con Pilar Fogliati come meravigliosa protagonista.
Ispirata a una serie tv nordica, che già vi avevo consigliato, dal titolo Natale con uno sconosciuto, questa volta ci troviamo in Italia, precisamente a Chioggia, splendidamente addobbata per le feste. Gianna è una giovane infermiera non ancora del tutto uscita dalla precedente storia d’amore e intenzionata a non lasciarsi mettere in un angolo dalle domande invadenti della sua famiglia sulla sua vita amorosa. E così escogita un piano.
A proposito di Natale, qualche contenuto a tema che potrebbe esservi utile, lo trovate qui:
Il supervissuto
Spinta da mia sorella che è una super fan e ha sempre in tasca il biglietto del prossimo concerto, ho guardato la serie tv documentaristica in 5 puntate che racconta la vita di Vasco Rossi, dagli esordi lenti e non sempre in discesa al successo raccolto negli ultimi due decenni.
Una vita vissuta sempre al massimo, un grande talento, tante perdite, una famiglia unita e la depressione che ha attraversato alcuni momenti della sua vita. Tutto sulla scia delle sue canzoni, inimitabili e conosciutissime.
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Film
La probabilità statistica dell’amore
Una commedia decisamente stucchevole, ma scorre e consola i cuori in cerca di un po’ di romanticismo. Una coppia di ragazzi si scontra/incontra in aeroporto e poi per uno strano gioco del destino finisce anche sullo stesso volo e in posti vicini.
Che cosa succederà? Qual è la probabilità statistica di innamorarsi, per giunta al primo sguardo? Finale forse scontato, ma come dicevo, confortante.
Mia
Per forti di stomaco e fermi di nervi.
Un film che racconta la storia di Mia, una sedicenne come tante con la passione per lo sport, la scuola e due genitori amorevoli che quando incappa nel primo ragazzo sbagliato cambia il suo modo di fare, di vestirsi, di truccarsi, fino ad arrivare a un esito nefasto.
La scelta del nome Mia non è casuale, il film parla dell’amore scambiato per possessione, gelosia, ricatto, vendetta: una tematica così molto attuale ancora oggi, purtroppo. Necessariamente da far vedere nelle scuole.
Nuovo Olimpo
L’ultimo film di Ferzan Ozpetek, uscito in esclusiva per Netflix, è la conferma di un grande regista, che sa portare sullo schermo grandi storie. Nella Roma degli anni Settanta, Enea e Pietro si incontrano casualmente al Nuovo Olimpo, un cinema piuttosto frequentato. Tra loro nasce la scintilla ma dopo poco la vita li porterà a perdersi inesorabilmente, lasciando però a entrambi il ricordo vivido dell’altro e del loro incontro.
Come sempre Ozpetek sa coniugare interpretazioni intense, riprese poetiche e una colonna sonora indimenticabile. Da vedere senza dubbio!
Trilogia di Istanbul
Sulla stessa scia, vi consiglio con il cuore di vedere anche la Trilogia di Ozpetek, costituito da tre corti disponibili sempre su Netflix, che rappresenta un omaggio alla sua terra, la Turchia, e alla sua città, Istanbul.
Trilogia di Istanbul si presenta come una trilogia e si compone di tre cortometraggi: Meze, Musica e Muhabbet, che omaggiano la saporita e conviviale cucina turca e portano sullo schermo tre storie completamente diverse per la durata complessiva di circa un’ora.
Al cinema
Asteroid City
Un cast stellare e un regista universale. L’ultimo lavoro di Wes Anderson è un grande esercizio di estetica e qualità, con riprese divenute iconiche anche sui social networks e il solito stile pastelloso a cui siamo abituati. Ma mai stufi (almeno, parlo per me).
Siamo nel 1955 e ci troviamo ad Asteroid City, una cittadina immersa nel deserto, in occasione del Junior Stargazer, un concorso di astronomia con ragazzini superdotati. Ma dopo un incontro ravvicinato, la cittadina viene messa in quarantena e tutti i suoi abitanti obbligati a restare per una settimana.
Libri
Grande meraviglia
Se Viola Ardone scrive, io leggo. Senza se e senza ma. Leggo velocemente la trama solo per orientarmi e poi mi tuffo tra le pagine perché penso che sia una delle scrittrici più promettenti e dirompenti degli ultimi tempi.
Quest’ultimo libro, che come i precedenti ho letto a perdifiato, mi ha coinvolta, intrigata, fatto trattenere il respiro, soprattutto nelle prime e nelle ultime pagine. La storia ci riporta ai manicomi e a raccontarcela per gran parte delle pagine è Elba, una bambina che nel manicomio è nata e cresciuta. Almeno fino a quando non arriva il Dottor Fausto Meraviglia, che invece è intenzionato a chiuderli i manicomi.
La vita è breve, eccetera
In questo ultimo testo, la scrittrice Veronica Raimo, che già avevo avuto modo di apprezzare molto nel suo Niente di vero, si approccia a una forma narrativa secondo me troppo sottovalutata, i racconti.
Brevi sotto la decina di pagine, con personaggi femminili perfettamente caratterizzati, è una lettura breve perfetta da intervallare anche con altri romanzi.




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