Ancora un’altra meravigliosa escursione di due giorni in Valle Gesso, questa volta vi racconto un anello che conduce da San Giacomo di Entracque al Rifugio Marchesini – Federici al Pagarì e poi al Lago Blu e Lago Bianco del Gelas.
Un’escursione impegnativa ma che i camminatori, quelli veri con fiato e gamba, fanno in giornata. Un’escursione unica e appagante da tutti i punti di vista. Un’esperienza davvero unica!
Una salita costante, che non molla mai, che attraversa una montagna indomita e selvaggia, dominata da cascate impetuose che rompono il silenzio e si gettano in una vegetazione, almeno quest’anno, rigogliosa e lussureggiante. Un sentiero che si percorre in compagnia di pochi altri camminatori, ma sotto l’occhio vigile e curioso di stambecchi e camosci.
Il rifugio poi è una vera gemma incastonata tra le rocce ed i suoi rifugisti una vera rarità, con una sensibilità unica per l’ambiente che abitano e una gentilezza che non si scorda facilmente. L’anello prosegue lungo una traccia, più che un piccolo sentiero, che regala panorami da togliere il fiato! Conduce ai Laghi del Gelas, che nonostante siano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro sono completamente diversi tra loro, entrambi di una bellezza rara. E poi la discesa, lunga e verticale, una di quelle in cui bisogna avere delle buone caviglie.
Anello al Rifugio Pagarì: alcune informazioni pratiche
Questa escursione di due giorni in Valle Gesso è un giro ad anello molto lungo, circa 23 chilometri. Nella prima tappa fino al Rifugio Marchesini – Federici al Pagarì il dislivello è di 1437 metri, con un tempo di permanenza consigliato di 5 ore, nel secondo tratto scende di circa 220 metri per poi risalire di 150 metri per raggiungere i laghi, anche in questo caso il tempo consigliato è di circa 5 ore.
Anche se divisa in due giorni, non è un’escursione da sottovalutare, non è adatta a principianti o a persone non allenate.
Il sentiero è sempre ben contrassegnato, e lungo tutto il percorso nei bivi sono presenti i tipici cartelli gialli del parco, che indicano altitudine, distanza e difficoltà. Il sentiero fino al Rifugio Pagarì è ampio e non presenta particolari difficoltà. Mentre nella seconda sezione dell’anello, dal Rifugio a San Giacomo di Entracque passando dai laghi, il sentiero è molto stretto, quasi una traccia, che a tratti si individua solo grazie ai segnavia rossi, sempre presenti. Inoltre, è esposto ed è presente un attraversamento un po’ complesso, nulla di estremamente complicato ma personalmente lo sconsiglio a chi non è esperto e a chi soffre di vertigini.
Il periodo ideale per questa escursione sono i mesi estivi, a partire da fine Giugno, quando la neve è sciolta e la natura è rigogliosa e al massimo del suo splendore.
Lungo il sentiero che sale al Rifugio sono numerose le cascate dove è possibile prendere acqua, mentre nel tratto per i laghi sono molto più rare le cascate, quindi vi consiglio fare il pieno d’acqua al rifugio.
A San Giacomo d’Entracque, punto di partenza dell’escursione, sono presenti alcuni parcheggi gratuiti, che terminano velocemente nel weekend, oppure un grande parcheggio a pagamento (non custodito) al costo di 3,50 €. Inoltre, sono presenti un rifugio e un campeggio dove poter soggiornare.
Tutto il percorso si trova all’interno del Parco naturale Alpi Marittime, la più estesa area protetta del Piemonte, pertanto consiglio di verificare sempre le norme di comportamento da adottare.
Anello al Rifugio Pagarì e Laghi del Gelas: il percorso
Una volta lasciata l’auto a San Giacomo di Entracque a 1213 metri slm, bisogna attraversare il ponte sul Torrente Gesso della Barra e proseguire mantenendo la destra, sulla strada asfaltata che conduce alla casa alpina salesiana. Superata la casa si prosegue sull’ampia strada sterrata che si immerge in una faggeta.
Questa è la nostra escursione annuale di famiglia, da 5 anni ci regaliamo un weekend in alta quota, siamo tre generazioni che scarpinano allegramente su e giù per i monti. Oramai una vera tradizione! È l’ultimo fine settimana di giugno e la giornata è splendida, su di noi c’è un cielo terso e l’aria è frizzantina. Ci incontriamo qui, proprio tra questi tornanti e iniziamo la nostra escursione insieme.
La strada raggiunge il Pian del Rasur, intorno ai 1400 metri slm, un’ampia distesa verde attraversata da un torrente e incorniciata dalle montagne.
Qui, in alpeggio, incontriamo una mandria al pascolo con i vitellini, alcuni appena nati. Ci godiamo questo tratto in falsopiano, consapevoli che di lì a breve inizierà la salita, quella vera.
Al termine del Pian del Rasur mantenete la destra al bivio, poco dopo utilizzate la passerella per attraversare il torrente e proseguite lungo il sentiero. In questo tratto gli alberi fanno spazio ad una vegetazione più bassa e il sole inizia a far capolino dietro alle cime. Dopo circa un quarto d’ora di cammino si attraversa una “zona umida” su una passerella in legno.



Al termine della zona umida si prosegue sul sentiero mantenendo la sinistra, qui sulla destra arriva il sentiero conclusivo dell’anello che passa dai Laghi del Gelas. In questo tratto il sentiero inizia a salire con decisione, ad allietare la salita un’imponente e fragorosa cascata, proveniente dal Lago del Vedi de Buc, si getta sull’altro versante del vallone. Poco dopo, a 1550 mt slm, si attraversa il Rio Pagarì che si getta verso valle in una serie di affascinanti cascate.
Si continua poi la salita, tra tornanti e cascate disseminate lungo tutto il sentiero guadagnando altitudine.
Complice il periodo in cui percorriamo il sentiero, in questo tratto ondeggiano accanto a noi nel vento una distesa di fiori dove spiccano le orchidee e i gigli.



Dopo una serie di ripidi tornanti, scorgiamo giusto sopra di noi uno stambecco curioso fare capolino dalla montagna per poi dileguarsi. Un tornante dopo scopriamo cosa stava guardando, una parte del nostro gruppo aveva conquistato un piccolo angolo d’ombra sotto ad un arbusto per fare una pausa mangereccia. Siccome la giornata è molto calda e siamo praticamente a metà del percorso ci fermiamo qui per pranzo, approfittando dell’ultimo fazzoletto d’ombra sul sentiero. Tra l’altro la vista da qui è sublime!
Pochi tornanti dopo la nostra sosta, si incontra un piccolo cantiere al Passo sottano del Muraglione, poco più su in un piccolo “Gias” il piccolo accampamento degli operai. La salita poi continua incessante, in un ambiente sempre più selvaggio, tra cascate e rododendri in fiore. Giunti al bivio successivo mantenete la destra, la salita prosegue per circa un’ora, il sentiero si inerpica su per una pietraia; alla vostra destra è evidente una profonda collina morenica, segno evidente dei ghiacciai che abitavano queste valli. Inutile dire che in questo tratto il panorama è mozzafiato, con una vista a perdita d’occhio sul pian del Rasur.
In questo tratto siamo circondati da stambecchi, che pascolano tutto intorno a noi, e riusciamo a scorgere in lontananza anche qualche camoscio che gioca sui nevai rimasti nelle pareti a nord.


Dopo circa un’ora di cammino scorgerete la bandiera del rifugio che danza al vento, un ultimo bivio indica la vicinanza al Rifugio, proseguite a sinistra e in pochissimi minuti raggiungerete il Rifugio Marchesini – Federici al Pagarì. Ad accogliervi un cartello che recita “Benvenuti al Rif. Pagarì possano tutti gli esseri viventi essere in pace e felici”, qui si accede ad uno spazio sicuro.

Noi siamo arrivati nel tardo pomeriggio, dormendo al Rifugio, ce la siamo presa con estrema calma e abbiamo assaporato ogni istante e ogni vista di questa lunga salita. Dopo esserci sistemati e rinfrescati in rifugio attendiamo la cena, chi con trepidazione e chi crollando tra le braccia della mamma. La cena si rivelerà una vera esperienza culinaria ad alta quota! Un menù inaspettato e ricco, completamente vegetale, fatto in casa da prodotti bio e etici. Attendiamo che cali la sera, fuori sulle rocce all’ingresso guardando il panorama cambiare colore davanti ai nostri occhi, in compagnia degli altri ospiti del rifugio.
Il Rifugio Marchesini – Federici al Pagarì
Il Rifugio Pagarì, a 2650 mtslm, è un piccolo edificio incastonato ai piedi della Cima Pagarì e della Maledia.
Il primo edificio in legno venne installato dal CAI nel 1912, negli anni successivi venne ampliato e grazie ad alcuni lasciti migliorato, aggiungendo i nomi Marchesini – Federici all’originale Rifugio Pagarì. Il rifugio durante la sua apertura estiva, che va da giugno a settembre, dispone di 24 posti letto.
Da vent’anni Aladar e sua moglie, due rifugisti a dir poco speciali, gentili, accoglienti e sempre sorridenti, si prendono cura del rifugio con una particolare attenzione alla sostenibilità e alla preservazione dell’ambiente che lo circonda, offrendo una cucina vegetale per lo più fatta in casa, con prodotti bio e dalla filiera etica. Dal 2007 il gestore del rifugio ha installato un microbirrificio, che a inizio stagione consente di produrre una birra leggermente ambrata, la Birra Pagarina. Inoltre, in collaborazione con il Parco delle Alpi Marittime è stato creato un piccolo giardino botanico in alta quota nei dintorni del rifugio.
Giorno: 2
Scorgo fuori dalla finestra un filo di luce, decido di alzarmi, sistemo il letto, preparo lo zaino per la giornata, infilo una felpa e esco. Sono malapena le 5, il sole non è ancora sorto, ma il cielo terso si sta tingendo di colori sempre più caldi. Ci sono alcuni stambecchi che brucano intorno al rifugio, mi siedo su una roccia e contemplando il panorama scorgo all’orizzonte il Monviso, la sera prima era avvolto dalla foschia. Con il passare dei minuti le vette che ci circondano si infuocano, intorno alle sei sorge il sole alle spalle della Cima del Toro, una vera palla di fuoco illumina il Rifugio. Man mano, uno ad uno, i miei compagni di viaggio mi raggiungono assonnati. Quando il sole è alto facciamo un’abbondante e gustosa colazione, raccogliamo i nostri zaini e con calma verso le 8 ripartiamo.



Per proseguire con l’anello che da Rifugio Pagarì conduce ai Laghi del Gelas bisogna ridiscendere fino al primo bivio e svoltare a sinistra, in direzione dei laghi. Il sentiero in questo tratto si fa molto stretto, quasi una traccia, in alcuni tratti è molto esposto mentre in altri attraversa delle piccole pietraie, se lo si percorre nel mese di giugno si incontrano alcuni nevai sulle pareti esposte a nord.
Noi percorriamo questo tratto a fine giugno e i più piccoli del nostro gruppo non perdono occasione per fare a palle di neve.

Nella prima ora di cammino, il sentiero scende di quota, per circa 200 metri. Il sentiero che taglia a mezzacosta la parete regala delle viste panoramiche di una bellezza indescrivibile. A metà strada tra il rifugio e i laghi si incontra forse il punto più iconico dell’anello, il Passo Soprano di Muraion. Qui, il sentiero passa accanto ad una guglia in pietra a strapiombo sulla vallata. Dall’altro lato potrete scorgere il Lac del Vei del Buc con le sue acque color smeraldo.
Dopo circa un quarto d’ora si incontra una sorta di bivio, mantenete la sinistra seguendo l’indicazione per “Biv” presente su una roccia. Da qui il sentiero è poco segnalato, dovrete affidarvi alle segnavie rosse. Superati un paio di torrenti, vi attenderà una breve salita accanto alla cascata del Rio Pagarì e in pochi minuti giungerete allo splendido Lago Blu del Gelas. A inizio estate i cumuli di neve galleggiano nel lago e creano un contrasto meraviglioso con le sue acque turchesi.

Proseguite poi tra le rocce sulla destra del lago, seguendo le tacche rosse, e in pochi minuti riuscirete a scorgere davanti il bellissimo Lago Bianco del Gelas, raggiunti alla riva del lago vi renderete conto di aver raggiunto un piccolo angolo di paradiso.

Siamo soli, il nostro gruppo, il lago e la montagna, nessun altro! Ne approfittiamo per fare una pausa e per mangiare un boccone. Dopo più di un’ora decidiamo di muoverci per iniziare la discesa.
Accanto alle rovine di un vecchio bivacco alle spalle del lago, imboccate il sentiero M20 in direzione di San Giacomo d’Entracque. Preparatevi a una discesa costante, ripida e a tratti infinita che dopo parecchie ore di cammino vi condurrà alle porte del Pian del Rasur. Una giunta arrivati a questo punto vi mancherà solo un’ora di cammino per rientrare all’auto.

Scritto da Ezia Peano
Torinese, ma originaria di Cuneo. Sagittario con i piedi ben saldi a terra ma la testa fra le nuvole. Vive secondo obiettivi precisi, ma che cambiano in continuazione. Per lei la serendipità è Fuerteventura.

